Un filo d'erba per occhi neri | ||
Due funi di luce
possenti, raggi di sole spruzzati maestosi in neri occhi di tigre, a corso d'onda estesa hanno domato il tempo, destriero al galoppo guidato in fiumi ribollenti tra braccia di mare fino all'urtarsi di nubi rosate contro calde spire di fumi e vapori. Colonne di cielo disciolte in lava e in ghiacciati fragori che audace aria d'uomo ha destato a spazzar via da terra secche foglie ed alberi emaciati. Due funi di luce possenti, le carni esauste e spente (da colonna di cielo ardente in opaco pulviscolo dissolte), schiudono appena due falde di luce estrema, occhi neri che vedono bene la notte il cavaliere sbalzato e stordito, quarzo murato in pietra su strada, cuore stracciato dagli ami che il tempo ha gettato a trainarne il canto convulso. Ciglia riverse piovono rughe nel cesto del mondo, e la gola affamata più non sa dire la fame di terra e di cielo che asseta i fianchi di piccole cose - né querce a radici solenni né pini a guglie sovrane, ma il leggero curvare lo sguardo della foglia del salice ad osservare il viale, e il vedere fra le pietre a lastre minuscola una crepa, dove a ramo di sole inflessibile s'alza, ostinato smeraldo, un filo d'erba dall'ugola di vento. [Monique Sartor] |
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